il male che è entrato nella parola stride ogni volta come un’unghia sulla lavagna nera.
impara il silenzio dei vivi che sanno, mi dico, mentre credono alla tua inadeguatezza, soltanto ignoranza dello stare al mondo.
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#frammenti
Author Archives: lascrittoressa
Bet (2)
#alfabetoebraico2 2022
Bet
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Non torno perché non sono mai partita.
La conca scavata è diventata piena –
butta fuori immagini strozzate adesso –
più che altro di indifferenze e fotografie.
Non posso adattarmi ad una curvatura
non mia, non mi calza, non mi segue.
Tutte le cose perdute sono chiuse
in un cofanetto giallo, dal nome sbagliato,
io che continuo a scomparire dietro ai vetri
senza che nulla accada per davvero.
Un ristretto vivere quando non ce n’è
di più, non c’è nemmeno un plurale vero,
soltanto una seconda persona singolare
e un silenzio addosso sempre più grande
ogni giorno più grande.
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#alfabetoebraico 2
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Alef – secondo ciclo – scrittura ebraica
Sono passati anni, questo silenzio è un’aggravante, il respiro si torce e non arriva
alla fine. Trattengo tutto, soprattutto ciò che fa male. È muro di cemento armato
ti dico, perché da sola, la calce rompe, è il ferro che tiene che flette che piega,
poi torna, quasi in piedi, quasi mai. Il sacrificio tenuto dentro non è sacralità
è impegno discordante, la parola inutile – non ascoltata, non considerata adeguata,
troppa – non c’è ritorno uguale per me, quindi. Soltanto una continuazione zoppa,
rovinata, fessurizzata dal sale quando spacca – mi corrode la terra sotto ai piedi –
Il perdono, non posso declinarlo, non posso coniugarlo, è un cielo allargato male
un foglio bianco riscritto a metà. Sorridi, con i polmoni chiusi e i piedi dritti.
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#alfabetoebraico2
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Ammazzacaffè
Questo testo partecipa al concorso Ammazzacaffè organizzato dalla scuola di scrittura Penelope Story Lab
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Piove. Così è tutto più complicato, pensa.
Ci ha messo quasi nove ore per arrivare lì in un tempo decente, senza dare nell’occhio. Adesso non resta che richiudere la terra, quello spazio in cui ha ributtato gli ultimi pezzi rimasti. Non deve rammaricarsi, ha aspettato fin troppo, finalmente il posto è quello giusto, in cima al monte dove venivano sempre ogni anno, dove diceva che le sarebbe piaciuto vivere, ma di case non ne avrebbero potute avere.
La pala è piccola e la terra pesante, l’acqua porta via la parte più leggera e un temporale spacca la notte a pochi chilometri dalla strada giù in fondo.
Glielo ha promesso, non finirà insieme agli altri, che le sparpaglino pure, quelle ossa, lei deve restare intera.
La pioggia non smette. È tardi, in paese l’unico bar sta chiudendo, soltanto cinque minuti, un ammazzacaffè, per riuscire a tornare senza quel peso sullo stomaco.
#concorsoammazzacaffè
#ammazzacaffè
#penelopestorylab
Dopo l’estate
In questi mesi non ho avuto molto tempo per riflettere, sono ritornata indietro, fin dentro lo spettro del mestiere ritrovato. Mi sono resa conto di quello che mi aspetta, della lentezza a cui tornerò per riscrivermi e morire di nuovo, ripetutamente.
Ci sono ancora dei giorni che avanzano, pezzi di mare e ombre che resteranno sotto la sabbia. C’è questo vento adesso, è rimasto nella testa, ci sono delle nuvole rotte, la finestra sul paese, le prugne dell’albero storto che vanno via dai rami. Faccio fatica a dirmi salva, cado ancora sulla discesa che capita ogni volta, non mi imparo a memoria, no. Lo scavo è un cantiere infinito rimasto sulle cose, un muro strappato senza un cancello da aprire.
Poi, ricostruire, con la mano davanti, l’ombra spezzettata.
Ritornare, ma.
Con la schiena dritta e questo sguardo qui.
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#frammenti