Che diritti ho su di te

 

Questo racconto partecipa al concorso toast, organizzato dal Penelope Story Lab.

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A questa distanza qui è stato difficile non baciarti, avrei voluto girarmi e, ma c’era troppa gente, non l’ho fatto.
Ho sorriso, ho pensato mi stessi prendendo in giro, ho pensato Ma dai figurati. Invece questa cosa ha iniziato a camminare dentro, come un piccolo verme che si nutre di storie raccontate, di confidenze, condizionali imperfetti, di incontri che non sono arrivati mai.
I vermi diventano due, tre tanti, lunghi come un rimorso, una rinuncia, mentre passano i giorni e ti chiedi cosa sarebbe successo, dopo. Però quella sera era finita così, a gin lemon e freccette, le carte da briscola sui tavoli e l’aria di settembre.
Guarda, lo spazio si è allargato adesso, siamo tornati due che, Ciao come stai.
Che diritti ho su di te, mi chiedo. Soltanto uno, quello di custodire tutti i vermi che ti ho mostrato, perché non lo sanno tutti quello che porto dentro.
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#150parole
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Ph del Maestro Michele Mobili
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Certi capivano il jazz

 

Questo racconto partecipa al concorso toast, organizzato dal Penelope Story Lab.
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Mi hai detto Fermiamoci qui dai, un posto valeva l’altro.
I tavoli erano di legno pesante, tutti da sei persone, graffiati con le chiavi dell’auto, piene di scritte romantiche e cuori spaccati, sapevano di fumo.
Non ricordo bene quando era iniziata la musica, una ragazza in costume ballava dentro a una gabbia, poi venne un tizio, ti disse una cosa all’orecchio, hai riso buttando la testa all’indietro come facevi sempre, mi hai preso il braccio e mi sono ritrovata con te nella gabbia. Le luci, il fumo, eravamo la contraddizione, la negazione delle regole stabilite, lo spazio stretto del tempo quando si aggiusta.
Andava sempre a finire così, trovavi questi ragazzi bravi, certi capivano il jazz, altri il soul, ma nessuno di loro restava. Avrei dovuto fare come te, continuare a correre, senza fermarmi. Invece.
Adesso guardo queste foto in silenzio, mi giro intorno, e la gabbia è tutta qui.
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Photo del maestro Michele Mobili
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www.lascrittoressa.it
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Il grappolo d’oro

 

Guarda come eravamo ♥️

[eravamo giovani, con un orologio fermo, con le Marlboro light lunghe, con i Police nelle orecchie, le cene a mezzanotte. I panini con la birra, i caffè con le mance, i sogni da raggiungere, i progetti da realizzare, le malinconie a misurare le distanze. Gli amori smisurati, dannati e inconsapevoli.
Chissà se siamo ancora noi o se torneremo a guardare lo stesso luogo con lo stupore di allora. Forse è cambiato il vento, forse siamo arrivati prima che qualcosa avesse potuto accadere davvero. Siamo sul ciglio, in attesa non si sa più di cosa, tutta la vita.]

Grazie Stefano Meriggi e Giusy che conservate quella parte di me che ancora non muore ♥️

Festa del Grappolo d’oro

Potenza Picena

Settembre 1994

A marzo c’è sempre vento

Questo racconto partecipa al concorso toast, organizzato dal Penelope Story Lab.

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Lo zampillare lento della pioggia sul vetro. Scorre un’ombra nera, quasi a stringermi il fiato.
Casa era il passaggio delle auto, la strada, la luce bianca davanti al portone a scacchi, la misura degli anni.
A marzo c’è sempre vento, a volte nevica, qui. Guarda come somiglio a questa primavera che si spacca e scurisce i colori tra uno squarcio e l’altro.
Sono stata sempre il tempo sbagliato, ho dovuto reinventarmi per continuare ad esistere. Non è stata una scusa per scappare, mi dico, la paura di restare, è il mio confine, che ho spostato sempre un po’ più in là per non cadere nel frastuono che fa uno spazio chiuso mentre guardo altrove, come il rumore del mare in inverno, l’onda che torna indietro, come i passi che ci sono sempre tra me e la finestra chiusa quando vado a vedere la vita che s’increspa un po’ per volta.
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