Il ciliegio nudo mentre guarda il mare

Non copre la luce questo timbro nero.
Parto solo per tornare, non c’è più il prima non c’è più niente sembra.
Adesso il ciliegio è nudo e guarda il mare
fronteggia una distanza sconsacrata,
una pelle dissotterrata la mia invece,
mentre guarda nella stessa direzione. Mentre penso non ho scelta, allora
tutti i miei sguardi scuciti colpiscono
i rami secchi perché io, io sono il ramo spezzato di questo innesto che non funziona.
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In equilibrio

Inventiamoci un luogo, io e te, in cui poter stare in silenzio, a guardare tutto quello che ci accade. E poi, pensare che, se siamo ancora qui, è perché ce lo siamo ricordati, di non dimenticarci.
Forse, non potremo dirci del tutto salvi chissà, forse, sta tutto in come riusciamo a tenerci in equilibrio su quel filo lì, ogni volta.
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#frammenti

 

La mia Alef (prima lettera)

 

Inizio questo anno in silenzio.

Non conosco il tratto leggero del disegno,

so soltanto dell’inchiostro, la penna quando dice

quando scava lentamente il foglio

per deciderne lo sguardo, la deriva.

Nell’incrinatura di quello spazio ritrovo la strada,

mi sparpaglio per non sparire, mi faccio lettera, muta.

Un ideogramma del sentire. Una fotografia

dei miei passi fermi e tutta la protesta di quei

duemiladuecentotrentatre metri contro

questo pezzo di cielo che non mi può tenere.

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#alfabetoebraico

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Lei

 

Nevica.
Guarda fuori dalla finestra della cucina, quel bianco sembra sincero, eppure.
Lo sa, è tutto un cercare il volto giusto pensa. In questi anni in cui non riesce a trovare posti, perché non esce, ha smesso di esistere. Sta scomparendo. E non è rimasto neanche un pezzo della forma che era.
Ci sono giorni in cui tutto il peso del cielo la travolge, senza riuscire a vedere il mare poi. Con quella montagna lì davanti che per tutto il tempo la guarda e la giudica e sembra dirglielo anche lei che non è, che non esiste per questo posto qui.
Ma.
Nel frattempo ha ripreso le letture vecchie, tutte quelle pagine riposte nelle memoria giovane e chissà dove finite poi, riapre pure i versi, tutti gli spazi vuoti riempiti dalle risposte a matita, quella conoscenza dell’immobilità diventata peso e non risorsa.
Continua a fare eco il suo nome fuori da queste mura, sbatte la voce contro la terra alta, contro la montagna bianca adesso, questo grigio spesso come lana acrilica pesa sulla pelle chiara, compromessa, straziata. Lascia ogni volto sprofondare in qualche passo vecchio che non le appartiene più. Non si chiama allora, la voce che le ritorna addosso è una frusta, ha smesso di gridare, si tiene tutto lì dentro, guarda solo un po’ più in là a denti stretti, con i pugni chiusi meditando la sua vendetta.
Adesso è tutto immobile lì fuori, vede la sua protesta sotto la neve che scurisce nella sera, che non supera la trincea, il suo riflesso assottigliato sul vetro chiuso non dice niente, è un sabotaggio continuo.
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[Paragrafi]

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