Esistono luoghi in cui piangi sempre un po’. Te lo ricordi quando ci andavi a piedi quando le feste, gli inverni le estati con il nonno che s’è fermato lì, adesso hanno aggiunto tanti posti quanti sono gli anni passati, le piogge cadute, quell’accartocciarsi di certe stagioni, ti torna alla gola. Oggi il cielo è senza colore, mi porto avanti il dispiacere nei vari vicoli colorati dai fiori messi per la festa. Gli stessi sguardi fermi a dirti tu che fai? È tutta una questione di fortuna, goditela finché ce l’hai, il resto sono tutte scuse.
Ma chi se ne accorge?
Tu no, no perché chi come te non divide la parte intera dai cocci fatica ad esistere, chi come te sbaglia le parole gli affetti i luoghi, sta come lei, quella madre in ginocchio di fronte la sua croce bianca, attenta alla fila per colore dei fiori da mettere, il suo ordine esatto, la mano a pulire la foto, quei gesti materni meccanici e poi svanire nello spazio minuto di un tutto in cui i colpi ti attraversano o rimangono dentro non fa la differenza, il tuo sguardo è lento, indiretto, indifferente, incosciente. Ti porti dietro una borsa di pezzi che tieni chiusa perché la roba rotta non s’aggiusta mai del tutto e ogni giorno ricominci, ripensando a quando il peso era leggero, i giorni lunghi, le cose intere e nell’orto c’erano sempre le fragole.
©LaScrittoressa
[my photo – cimitero Potenza Picena]
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