Resto qui

Te ne sei andato così come eri arrivato, in silenzio, con una sigaretta in bocca.
Eri tutto quello che mancava, un tempo ritrovato sul palmo della mano, l’abbraccio sicuro di chi resta, la voce familiare nei luoghi vecchi quelli che tu sai, che tu conosci perché c’eri.
Avevamo riso di noi, di ieri di un tempo alternato, disfatto, gli anni passati intanto che la vita accadeva; ti avevo ritrovato nel silenzio delle cose intorno, nelle lettere in fila, le parole una dopo l’altra tra i racconti della vita che va così così e tu come stai perché non ti fermi, con chi stai non sparire mi manchi. E il mare all’alba senza nessuno, sulla riva a calciare l’aria sottile, leggera quanto le onde, tu che mi dici te lo avevo detto che era bello, certo che lo sapevo, lo so ancora. Tu non sai più me invece, non sai che ti avrei tenuto per mano mentre ognuno avrebbe pensato ai fatti suoi; non lo sai che mi sarei presa cura di te mentre ognuno avrebbe continuato la sua vita, non lo sai quanto stai ancora dentro questa mezza me che sorride, che continua a guardare dritto, a respirare piano, piano piano su questa pioggia secca che schiaffeggia l’asfalto.
Ti guardo sparire sulla strada stretta, guardando avanti questo mondo grigio a tratti intero, mi sento un po’ stupida adesso, l’aria ha cambiato verso, mi tocco i capelli e no, non voltarti perché poi scompaio anch’io.

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Mentre la pioggia

Avrei avuto i capelli lunghi e ad ogni bacio li avresti spostati dietro l’orecchio sinistro, mi avresti tenuto le mani per dirmi di non aver paura, lì dentro sarei diventata piccola piccola per essere raccolta. Avrei corso sulla riva del mare anche con la pioggia, avresti corso per raggiungermi per farmi ballare mentre la gente ci avrebbe guardato ridere ancora, saremmo stati invincibili instancabili incredibili, avremmo continuato a vivere così, guardandoci negli occhi senza cadere, bevendo dalla stessa bottiglia la birra sul divano. Mi avresti fatto accendere la sigaretta dal tuo accendino guardandomi negli occhi e io avrei sorriso ai tuoi tutte le volte; mi avresti accompagnato in questa metà della vita in cui le scelte sono difficili, saremmo stati quelli che non si fanno promesse ma che fanno del tutto per non deludersi mai.
Invece il peso di tutti i sì ha curvato le spalle, c’è soltanto un ritrovarsi nei luoghi vecchi, quelli in cui in silenzio torni ogni tanto per non sentire oggi tutto il male alle ossa.

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Avremmo potuto

 

Avremmo potuto essere noi quelli che al mattino ridono appena svegli, le tazze sul comodino, il letto sfatto, resti di me e te addosso e uno spazio stretto; a piedi nudi intrecciati tra i cuscini intanto che la pioggia fuori torceva i suoi cicli, a noi sarebbe piaciuto guardarla cadere, in piedi in silenzio. Chissà se avrei messo la gonna a fiori, sicuramente saremmo andati al cinema, mi avresti baciato una volta spente le luci e poi anche alla fine, avresti baciato ogni lacrima caduta perché io sono quella che si commuove; ce ne saremmo andati a bere qualcosa, per mano, di corsa, sorridendo, perché avremmo aggiustato tutto, ogni parte sbeccata che ferisce ogni volta, adesso, mentre tocchiamo sempre sullo stesso punto.

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(Ph web @kurturtava on twitrer)

Quasi per sempre

 

Mi porto dietro il peso del tempo mentre
nella foto mi stringi le mani, c’è un’ombra che disegna un pezzo perduto chissà dove; più in là due ragazzi che si baciano nell’unica panchina in mezzo alla piazza, intanto viene sera e ce ne andiamo via in bicicletta verso casa, verso quello che avrebbe dovuto accadere quando le scelte sono delle corde grandi, quando ti trascinano in modo stupendo attraverso gli anni, accorgendoti alla fine che bastava un attimo, un abbraccio, solo appoggiare la bocca tra l’orecchio e la spalla per restare lì quasi per sempre.

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(Foto dal web @kulturtava on twitter)

Cosa ricorderemo

– Non voglio fare la rima e dannazione non ci provo neanche –
Non esisterebbe alcuna rima anche se tu fossi dove voglio andare. Tu sei la musica che ho ritrovato al posto giusto, lì dove non è mai guarita la ferita. Dove la fenditura è luce esatta, l’immagine sfocata è voce che ripasso nella testa ad occhi aperti. Un gergo familiare, una bocca chiusa dentro la stretta di un abbraccio, “non andartene” è come farsi ancora male, abbiamo perso le promesse, ci rimane l’istante di due righe.
Ci coincide il silenzio dei giorni lunghi, l’urto del mondo che sbatte addosso questo tempo spinato, scaduto, scandito dai tasti, ci si intuisce.
Cosa ricorderemo alla fine?
L’orma delle mani, l’odore dello spazio tra il collo e la spalla mentre il mare cura tutto quello che non potremmo gridare mai più.

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