Ayin (sedicesima lettera)
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Uno strabismo volontario, il mio.
L’occhio torvo, guarda dietro e la parola [liquida]
ha la forma distorta del suo contenitore.
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Uno sguardo torvo, adesso, mi contiene,
non s’addensa la parola scelta, s’impiglia
soltanto per ferire. Mi prosegue una rottura
lo spacco più grande del suo contenitore,
l’asfalto trema e perdo l’equilibrio, cadono
puntellature esplose dall’interno. Rinascere
vuol dire chiedermi chi siamo, questo
numero incerto, contato male, un’origine
caduta sulla parte offesa. Non c’è perdono,
non c’è tempo che possa assorbire, rimane
un fil di ferro intrecciato in fretta.
L’occhio giusto adesso è affetto da miopia,
la rifrazione non mette a fuoco i giorni esatti.
Oltre la fessura delle palpebre non vedo,
uso lenti scure, indosso dispiaceri diffusi,
sono questo mucchio d’ossa cadute intorno. Alzo la testa, cerco il varco. Tu sai guardare,
mi dicono. Devo imparare a respirare.
Mi incammino.
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#alfabetoebraico