Due più una

Io, lui e lei

 

Ho visto la mia vita farsi buio prima della neve, ho tradotto quelle luci senza la violenza della resa senza la promessa che avrebbero spostato il male nel riflesso piovuto addosso. Ho cercato quella cifra ai bordi delle righe credendo di rimanere con lo stesso sguardo. Invece no. C’è una cataratta spessa che opacizza ogni cosa chiara, quel filtro sceso fino a coprire ogni parete circostante. C’è quella faccia che non voglio ricordare, c’è quel disprezzo che non posso dimenticare.
Tutto ha un prezzo e io non lo credevo. Le carte hanno avuto la mia mappa. Sono rimasta dentro quel disegno in cui mi sono ritrovata ed ecco che la vita accade tutta troppo fuori per poterla trattenere ancora. Guardo lo sgretolarsi leggero da qui, come le piccole frane causate dalla pioggia quando fanno cedere l’orlo, come fa l’acqua quando scorre troppo forte lungo i fossi.
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[Parentesi]
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©LaScrittoressa

Il prossimo carrozzone

Sono scappati tutti, gli animali. Lo spazio antico è rimasto vuoto, anche la gabbia più grande, quella dove c’era la pantera adesso è rotta, il cancello aperto sulla strada di fronte cigola. Un giro di vento ogni tanto, una stagione meno reale ad arrugginire le giunture, intorno è bianco.
L’animale vecchio invece si nasconde bene, nessuno lo ha più visto, sono passati troppi anni.
C’è un punto scuro al centro del parco, un punto in cui soltanto chi ha avuto il coraggio di entrare sa da che parte si muore; lì, sta da solo, in religioso silenzio, l’animale vecchio, nel tempio svuotato giorno dopo giorno e una coperta dai papaveri rossi che ormai non scalda più.
Per andarsene da soli ci vuole coraggio, così si aspetta un altro carrozzone, si invecchia in un altro circo, in un altro spettacolo, in un aprile qualsiasi, e tornare, tornare ad esistere cercando di non zoppicare.
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©LaScrittoressa

[Paragrafi]

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Photo by Kurturtava on twitter

Fotografie

Fermo le immagini in quel punto, dritto di fronte a me, stasera, quando la luce sfila via le ombre da dietro la ferrovia e resta soltanto il confine. Ogni cosa continua il suo accadere lento, stringo il fiato che tengo in pugno adesso; intorno c’è spazio, qualcuno arriva con una lenza, uno sgabello e una borsa per la pesca; le ore s’arrotolano qui, sulla bassa marea, sui sassi dalle forme strane lavorate dal sale. Più in là qualcun altro in ritardo, chi cammina veloce con le scarpe in mano chi ai piedi; i ristoranti aperti iniziano la preparazione dei piatti, arrivano le voci e il tintinnìo delle posate.
Faccio il conto delle estati.
La mia mente fotografica mi costringe a strizzare gli occhi sulla sfocatura dello sfondo che non ricordo mai bene, come atto involontario.
Ti avevo rivisto dopo un numero impreciso di anni, al mare, l’unico luogo capace di ridarti la maggior parte delle cose, eri con tua figlia cercando di insegnarle qualcosa sulla pallavolo.
Io avevo da poco ricominciato da capo, con un lavoro un luogo in cui stare un chissà su cui impegnarmi; mi sei passato vicino per raccogliere il pallone che si sa, sulla sabbia prende direzioni proprie che non capisci mai dopo il primo tocco a terra; è bastato un ciao come stai perché io pensassi subito ma che vuoi che ti dica adesso, qui intorno tutta questa gente che magari stasera sul tardi sono in zona, una birra, un giro in piazza e sarebbero tornati subito gli anni novanta, con l’odore di naftalina e la bugia di quei ti amo troppo prematuri. Ma non ci siamo mai trovati, non ci siamo mai toccati davvero. Troppe volte ho fatto l’amore con te nella testa per credere di esistere sul serio. Ogni tanto ritorni qui a guardare lo stesso punto che sto fissando io, all’alba magari, quando nessuno ti incrocia e la spiaggia è deserta, non lo sai che vengo qui ad incontrarti per caso, per dirti soltanto ciao come va, bene grazie Sì tu tutto a posto e, certo, ma non è stato mai niente nel posto giusto, mi sono sempre ritrovata nel luogo sbagliato, nel tempo sbagliato e continuo a domandarmi come si prendano le decisioni giuste se c’è un bugiardino da qualche parte che non ho ancora letto.
Tu continui suoi tuoi passi, ti guardo fin quando la lente non stringe l’ultimo giro e tutto sfoca, di nuovo, col rumore che fa l’acqua, con l’aria che mi spettina i capelli e l’odore del caffè dimenticato nel bicchiere.

©LaScrittoressa

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[Paragrafi]

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Tu, io

sgangherata, ingarbugliata, speranzosa, chissà se vado bene anche così.
Ognuno di noi fa quello che può, dici? meglio o peggio, a seconda di come gli va, forse, dico io.
scrivo, perché devo, perché mi piace, scrivo. E il resto sarà solo una conseguenza, dello stare, aggiungo.
Sì.
Stare, lì, dove non esistono cose o luoghi perfetti.
Stare lì nello specchio, le ammaccature del tempo, fotografie consumate, lo strappo, e sono io l’errore, il pezzo sbagliato che inciampa, ancora, sugli stessi giorni.

©LaScrittoressa

Photo di Marina Baldoni che è riuscita ad immortalare un momento di estrema felicità senza pentimenti dopo aver mangiato quattro palle di nocciola in una cialda gigante –
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I pomeriggi emotivamente importanti si capiscono dalla scelta della gelateria giusta.
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#pistacchiocurioso gelateria Civitanova Marche

Domani è tardi

Ho ancora le tende chiuse. Questo maggio è uno stato d’animo che non ti lascia. Pensi, pensi che tutto questo inverno non te lo meritavi ma ormai ci cammini con le scarpe rotte e la fatica che fai si raddoppia. Pensi a come incastrare i quarti d’ora soltanto per le stupide parole sparse tra i quaderni.
Serve? A che che serve se poi passi tutto il tempo a fare il quotidiano, il necessario di ogni giorno fino a notte? Le ore sono una manciata di spilli. Lo farò domani ti dici, chiamare qualcuno, inviare un messaggio per un saluto, riprendere un’amicizia, quelle che a volte non ti perdi ma restano sospese, per via della lontananza della vita che ti porta da un’altra parte, i figli, i mariti, i compagni, le vite diverse, il lavoro che si lascia, le situazioni che devi risolvere, le persone brutte che ti rovinano la tua di vita, tu che devi difenderti per sopravvivere e alla fine ecco, siamo talmente abituati a rimandare che quando scopri di non avere più il tempo di farla quella cosa vorresti prendere a testate il muro.
Ci sono situazioni come queste che alla fine bene o male le risolvi, ne esci distrutto, ma ne esci vivo. Altre invece no. E allora te lo chiedi perché tu dia così importanza a certa gente di merda sprecando gli anni per poi accorgerti che di anni ne sono passati troppi e chi avrebbe meritato un po’ del tuo tempo forse chissà magari sarebbe stato poco comunque ad ogni modo vi sareste riviste, riabbracciate, avreste riso, le avresti raccontato di quanta gente stronza hai incontrato in dodici anni, vi sareste dette pazienza. Magari ti avrebbe detto come la sua di vita fosse cambiata, se il mostro lo avrebbe combattuto forte oppure non lo avrebbe neanche considerato per non dargli troppa importanza.

Perché il bello di lei era la semplicità con cui ricordo mi diceva “dai va beh su che te frega dai dai!” era la sua forza di passare oltre, del cercare la positività in qualsiasi cosa.
Ci sono persone che ti rimangono dentro in qualche modo, anche se le hai conosciute poco anche se da tantissimo non le vedi.
Ecco, chiamatele queste persone, chiamatele oggi, perché io quel domani me lo sono perso, io, non ho fatto in tempo.
🖤

[ciao Sì]