16 marzo 2019

 

Questa notte ti penso. Mi torna in mente la tua voce, le parole dette troppo tempo fa. C’è un vento tanto forte e fatico a prendere sonno, a tratti i rumori entrano nella stanza costringendomi ad aprire gli occhi e vedo l’ombra scura dell’angolo schiarito dalla luce d’emergenza, un conta scale per me quando loro chiamano nel dormiveglia, così da scendere le scale in silenzio.
Quel giorno pioveva, pioveva tutta l’acqua del mondo nel grigio cielo di marzo lasciando a metà un mese, una vita, un migliaio di progetti. Tutto si chiuse dentro una lamiera fredda sigillata in alto. Restano i maglioni, tante domande, le foto a colori di quando tutto era semplice bastandosi in due.
Chissà se ti ricordi com’eravamo, se questo mondo ti sarebbe piaciuto ancora, se le ore fossero state larghe, se se se. Adesso che sei luce tieni il filo dei suoi passi, cerca di vedere dove cambia la sua espressione mentre i giorni sgranano velocemente, controlla dove guarda quando non ritorna in fretta, tienile una mano sulla spalla quando scappa, fermala ogni tanto perché la corsa non l’affatichi troppo e, soprattutto, quello che io non so dirle con la voce tu mettiglielo nel cuore.

©LaScrittoressa

[F.R.2008]

[Paragrafi]

Grazie Willy Ghia ♥️

 

Ed eccoci qui ♥️

Qui dove tu hai sempre portato il sorriso, qui dove hai dato cose vere e non soltanto parole belle, dove forse il tempo è un gioco di scacchi ma tu rimani regina indiscussa dei fatti.

Ad ogni crepa hai dato tanto e i pezzi sono ancora insieme.

In quello spezzarsi ci hai riuniti e ricuciti ogni giorno come una madre paziente, e nel tuo abbraccio c’è tutto l’amore immenso di chi sa.

Grazie

per tutto quello che hai fatto per noi

di cuore ♥️

La lettera che ti scrissi la lascio qui, un ricordo di noi e di una terra non più uguale.

“Carissima zia Willy
che bello vedere tanta umanità oggi che non ce n’è quasi più.
Tutti si riempiono la bocca e le bacheche con queste grandi parole senza conoscerne il significato. E non credo si tratti di essere italiano o straniero, l’umanità non dovrebbe avere un colore o una parte politica. Siamo tutti stanchi e troppo concentrati sull’apparire.
Il fatto è che non puoi sapere come si sta nei panni di un altro se non lo vivi anche tu; non puoi dire “ti capisco”. Non riesci a capire l’urto del mondo fin quando non ci rimani incastrato nel mezzo.
Rimani spaccatura, ti lasci curvare sotto il peso del silenzio, di quelle fessure che s’ingrandiscono perché il tempo e le stagioni ci lavorano dentro.
La polvere dei crolli diventa tempo spinato, immobile.
Senti ancora il tintinnìo delle cose, perché dal terremoto non guarisci, non ti abitui, non rinasci.
Abbiamo però “la passione”, per citare Crepet, perché nonostante tutte le difficoltà legate al sisma amiamo la nostra terra, tanto da restare inchiodati qui. Qui, in questo nulla che avanza, svuotato dai turisti che non vengono più a vedere centri storici antichi, perché hanno paura anche loro.
Abitiamo con pazienza questo vuoto forzato dai tempi di ricostruzione troppo lunghi per tutti.
Da noi la morte è avvenuta dopo, è caduta su felicità estinte, inchiodate nelle abitazioni inagibili.
Perché ti coglie senza difesa l’angoscia, ti frattura dentro, e c’è chi rinuncia, rimanendo appeso all’unica trave che regge.
Rimaniamo così, come calce viva sotto pelle, qualcuno che controlla bussando sui muri, allentati, torturati da una terra non clemente che comunque ancora calpesti sotto le suole non sempre stabili.
Dimentichi la leggerezza del tempo in cui misuravi i pensieri a parole, con o senza mappe, adesso invece con il sonno che si guasta continuamente è difficile da ricomporre.
Ci siamo rimescolati con le molte cose rimaste come l’ultimo novembre.
Questa terra è un materasso trascinato via e, nella notte, ora, i rumori non ti orientano, biascicano sciatti nelle ore che setacci al millimetro, l’insonnia ormai è un lenzuolo freddo. S’addormentano soltanto i dolori e qualche cane.
Ripassi a memoria la tua salvezza, l’odore di zolfo, gli sguardi dei bambini, il ricordo della gravidanza per fortuna arrivata alla fine perché guerrieri si nasce.
Oggi i morti assomigliano ai vivi. Sono pochi quelli che vogliono aiutarti e ti aiutano davvero. L’umanità è consumata dalle sue stesse parole. Poche volte incontra la concretezza di un gesto.
A noi invece è stato donato il privilegio di incontrarti, di incontrare quei pochi che, almeno in parte, hanno custodito, protetto, regalato un futuro ai nostri bambini. Ci avete donato il carnevale dei supereroi che tu dici “è un modo come un altro di starci vicino”, e che è diventato una trepida attesa ogni anno, con le maschere i giochi le risa e tutto ciò che non c’era più. Grazie a voi ora, questo ha il potere di cambiare un pezzo di tempo. Non avete mai perso la speranza che qualcosa potesse migliorare. Avete continuato a mandare furgoni su furgoni di cose di prima necessità tutto l’anno, aiutato tanti pastori a nutrire gli animali.
Di tutto questo lo stato non sa niente, forse, magari ha cose più importanti su cui lavorare, eppure per un po’ abbiamo creduto che non saremmo stati abbandonati con le promesse di un tempo che breve non lo sarà più.
Siamo naufraghi sulla nostra terra noi.
Siamo tutti naufraghi, di mare, di terra, di case cadute, di vite spezzate, di chi fugge per trovare e di coloro che sono stati fatti fuggire per non tornare. Siamo tutti pedoni nelle mani di chi non ha mai saputo giocare neanche una partita.

Con stima e tanto affetto

Silvia G.”

Sottopelle

 

“- Come una pelle di tutto quello che siamo -”
– Che sia questa la felicità di cui parlavamo Monsieur?
– Forse perché un po’ mi appartiene, le appartiene Madame.
– che sia troppo tardi Monsieur?
– Forse Madame.
– Forse sono solo il segnalibro rimasto a pagina novantanove. Sono lo spazio indefinito tra la vita che ci vive e quella che fugge.
Forse noi ci siamo rimasti sottopelle Monsieur.

©LaScrittoressa

[Paragrafi]

Le verità

“Ci sono giorni in cui il ricordo di te mi fa prendere a calci tutte le parole che ho messo da parte. La verità di cui parli è un muro alto appena sopra la testa eppure io non so salirci. O forse riuscirei ad arrampicarmi ma sarebbe troppo difficile passare dalla parte opposta fingendo di aver fatto la cosa giusta.
Ci sono giorni in cui osservo tutto questo non dire, è come facesse un giro in tondo senza fermarsi mai.
Dovrei darti ascolto, dovrei scriverlo davvero il vero, tutto ciò che ogni volta il peso ha rovesciato, la mia misurazione dei giorni in silenzio, la conta di una fine che non finisce. Ogni filo spinato che ha ferito carne e pancia, ogni rinuncia e i miei “non importa”.
Invece ricalcolo i verbi e a ritroso allento le morse, tengo la luce accesa guardando gli spigoli delle ombre agli angoli delle porte. Aspetto che tu torni un giorno o una sera chissà magari poco distante da qui per riuscire a guardarti, prima che il ricordo sbiadisca, per dirti con la voce tremolante che non ce l’ho ancora fatta, che mi devi stringere forte un momento solo, che mi devi guardare dritto negli occhi perché tu sei cura, per i tagli per le ferite dalle lame vive; perché senza che tu smetta di salvarti puoi salvare anche me.”
[Paragrafi]
©LaScrittoressa

Buone Feste ♥️

 

Amarsi è come avere addosso un salvagente, come sopravvivere in questo mare mosso e imprevedibile che ti porta, ti prende, ti lascia, ti abbandona.
Ricucirsi nonostante il sale e rimanere sul filo, senza affondare senza lasciarsi.
Un giorno alla volta, perché la vita la misuri con gli occhi, con quello che vedi e le parole che lasci.

Buone Feste ♥️

©LaScrittoressa