Raccontami di quella metà, di noi,
di quando pensavamo di essere interi,
quando tu non c’eri, non c’ero io
ed eravamo convinti che fosse amore.
Raccontami di quella metà, di noi,
di quando pensavamo di essere interi,
quando tu non c’eri, non c’ero io
ed eravamo convinti che fosse amore.
Sono silenziosi, certi posti. Al mattino presto l’aria sa di pioggia, sa di mare, di buio che non s’asciuga e vecchie ore sul ciglio del davanzale.
Contorni scuri d’ombra, luce che non scalda, mattino senza più dicembre.
Sa di nuovo, questo nuovo anno. Niente promesse, niente tempi al futuro, ogni giorno un presente, fatto di istanti che rimangono, parole trovate che tengo tra le dita.
Il silenzio degli anni invece, diventa peso, un fardello che pur spostandolo da una spalla all’altra, ti rallenta, ti impedisce di correre, verso la voce, verso chi grida il tuo nome. Così, c’è chi cammina e neanche osserva più, sordo ai suoni, ne percepisce soltanto rumori e infastidito, dalla vita, getta fango sporcando se stesso e chi passa vicino a lui.
Questo mancare di voce cicatrizzato dal tempo diventa menzogna, diventa rabbia e ricerca di un altrove dove fuggire, senza mai davvero cercarsi, senza mai davvero trovarsi.
Batte, il tempo, in un orologio al muro, conta una successione di numeri che inventano gli anni e se non trovi il tuo, sarà sempre un passato che non rimargina.
Sono le sette, un domani che precede la mia sveglia delle cinque, in quel preciso istante tra buio e chiarore, parole e tasti e silenzio, il mio, nuovo, sottile, pieno e che sappia di storie. Come queste, come una foto di noi, senza filtri.
Quest’anno in cui riesci a vedere tutti i colori che l’inverno tiene nascosti dietro le sue nebbie.
Quest’anno in cui la neve aspetta che cadano tutte, le foglie, per restare in cima, per non sporcarsi.
Tutto questo spazio, questo colore, questa luce che ti paralizza, ti lascia l’aria, da respirare, da guardare mentre intorno, prende forma una stagione diversa.
Ci sono anni di cui ricordi le avventure, le soddisfazioni e non, le cose che non avresti mai immaginato di fare e in ogni fine, i buoni propositi, i progetti, gli obiettivi per quello successivo, cercando sempre qualcosa di meglio.
L’anno che verrà avrà un giorno in più.
Io che sono giovane da un po’ di tempo e ho deciso di fermarlo.
Certezze. Sono importanti le certezze che che si hanno quando si affiancano ai progetti.
Io non voglio speranze per questo nuovo inverno, so che tutto è tondo, come la terra, gira, in quale senso non ha importanza, ma gira, so che adesso ci sono anch’io, senza stare a guardare.
E’ indifferente che sia un treno, un auto, un aereo o un aquilone, la cosa fondamentale sta nel salire o restare a terra piangendosi addosso. Io ho smesso di piangere. Possono continuare a scendere dentro,le lacrime, a volte nei giorni che verranno, di nebbia, quando la condensa cola ai vetri, quando l’umidità scivola, fin dentro la gola ma basta, ho deciso di non avere più paura.
Non si può avere paura di niente. Il niente di cui sono fatte certe persone, certe donne, situazioni create da certa gente.
Le anime buone pensano sempre che il male si combatta con il bene. Le anime cattive combattono il bene con il male per la semplice voglia di farti soffrire. Poi ci sono io che dopo tanto guardare, mi godo lo spettacolo di quello che torna indietro ad ognuno ed è meraviglioso.
Prima o poi arriva – ciò che hai dato – e ti rimane addosso –
a ciascuno il suo.
(Paragrafi)
Non puoi parlare della Luna dopo Leopardi.
Tutto cadrebbe nella banalità.
Puoi vederlo come un sorriso, appeso ai margini di una sera di dicembre.
Non sembra ancora Natale, fa lo stesso freddo, ci sono le stesse luci, la stessa neve sopra le cime eppure, è come se mancasse l’entusiasmo che si aveva un tempo.
Non cambia, il tempo, cambiamo noi con il tempo che passa, quando ci attraversa o ci lascia, quando ci ferma o quando non si accosta. Quando vuoi che torni e invece svanisce.
Forse bisogna guardarlo, vederlo, tenerlo, volerlo, prenderselo. Ognuno come può, come deve, come vorrebbe.
Magari prima di sera, prima del buio, prima di lei, la notte, che lei si porta via tutto con la sua prepotenza e convinzione di lasciarti sveglio a ricordare ciò che avresti dovuto o voluto invece…
No. Di notte io voglio un ricordo, il ricordo di un momento in cui quel tempo è stato mio e aver creato ciò che vorrei.
(Paragrafi)
La luce che può avere l’autunno sul disordine delle foglie, oggi che questo vento le avrà portate via.
Il rumore di un andare, a portare via parole, su squallidi spiccioli, di quel che rimane, di quel che si è.
Siamo i nostri pensieri, ciò che facciamo e molti lo dimostrano così chiaramente da restarne imbarazzati.
Per quanto raccapricciante possa essere scoprirne i dettagli, si rimane così, un po’ come quando vedi la neve sporca, sbaglia un paesaggio e ti stanchi a guardare, sentendo più freddo.