Il silenzio dei giochi

il silenzio dei giochi

Di giochi rimasti in silenzio e Ottobre sullo sfondo.

C’è qualcosa, di dolcemente delicato, nei giochi rimasti all’aria salmastra a fine stagione. Un silenzio interrotto solo dal mare e da chi passa per non voler sparire. Perché le spiagge, nel loro spazio, ti rimettono in piedi. Tu guardi in lungo e in largo e respiri. L’aria che ti entra è bagnata, sa di sale e cura ogni ferita.

Questo, è il mare che amo.

In questa stagione ha i colori più belli perché spezzati, confusi, indecisi, piegati, dalle ore, da ottobre, da chi non lo usa più
e silenzio…
Un silenzio che ricompone, rinsalda, ripristina, si ripete.
Ritorno a ferite chiuse, cicatrizzate da questo sale invisibile nell’aria.
I giochi fermi, in attesa e la sabbia spessa, appesantita dai piedi, troppi, che l’hanno calpestata.
Guardo qualche altro nessuno e traverso la strada che divide il mio mondo.

(Paragrafi)

Riflessione

riflessione

Ci sono quelle domeniche in cui da casa torni a casa, quella in cui prima di chiamare casa la tua di adesso, lo era davvero, da sempre, ancora.

Non cambiano, le cose, gli stessi sono i colori che poi tornano, insieme alle stagioni, insieme ai luoghi, insieme a chi del tempo ne ha fatto cornice, come le piante.

Da piccola giocavo tra il verde che mio nonno sapientemente curava, con Nino. Ci si nascondeva tra le foglie, si parlava, si ragionava e si rideva un sacco. Il mio amico immaginario sostituiva gli altri quando erano a casa a fare i compiti o semplicemente a guardare la tv. Io che ho sempre avuto bisogno dell’aria e delle sfumature del cielo, preferivo il fuori, senza le attese.

Il problema dell’avere immaginazione credo sia l’ingenuità che ne risiede alla base. La fiducia, che riponi in tutti è disarmante quanto l’accorgerti delle ferite che lasciano tutte le parole in cui avevi creduto senza porti il minimo dubbio.

Tutt’ora inciampo su parole dette e sul filo di un precario equilibrio poi una voce mi chiede:- ma ci credi ancora?

A volte, non la cerco nemmeno la risposta.

Voglio crederci nonostante i chissà, poco importa dell’amaro retrogusto, della miseria di quell’ottimismo forzato. Voglio continuare a pensare che non sia soltanto egoismo, magari timore, magari aridità, magari una maschera per coprire debolezze consapevoli.

Vorrei essere cinica, ma non ci riesco.

Sono ancora quella che si emoziona per un gesto o un bacio e che piange davanti a “Ghost”, quella che scrive, con la penna nera su quaderni a righe. Che cancella, poi riscrive la stessa cosa, perché mi piace sempre la prima e ricopio, in bella, perché come un disegno o una fotografia, per guardarla e respirarla, dev’essere pulita, che a tuffarcisi dentro poi, sono ancora io quando mi rileggo.

(Paragrafi)

Fotografie

fotografie

Il mio orizzonte e l’odore di pioggia su questa fine stagione.

Pochi passanti e colori confusi, la spiaggia, a metà.

Ritorna freddo, ritorna ottobre, ritorna il rumore del vento che modella questa riva.

Siamo nuovi, noi, rinnovati da l’aria che ci attraversa, senza più combattere guerre create da chi, non avrà mai pace.

Eccoci qui, sul bordo di una pagina nuova, a leggerci ancora, a viverci sempre.

Due terre distanti, con il solo spazio di una fotografia.

(Paragrafi)

Strade

strade

Strade

 

Un filo di foschia sul fondo del mare ed è ancora estate.

Nella discesa, a costeggiare le vigne, senza più peso e la strada, di sempre, percorsa meno.

Gli odori arrivano anche a vetri chiusi, perché impressi nella mente, negli anni, nei giorni.

Tornano, immagini, viste dai fogli e noi dentro una fotografia, in queste righe, a macchiare il bianco, sporca quel liscio fluire d’asfalto, quando s’arrende a notte, quando la sbavatura dell’ultima luce confonde il rosso strisciato dal nero che arriva.

Tornare, restare, dove porti il tuo tempo, dove lasci il tuo cercarti, dove hai smesso di voltarti.

Casa.

Senza aggiungere che sei già migliore, quando hai capito la tua.

(Paragrafi)

Le sere di settembre

le sere di settembre

 

Le sere di settembre.

Ritorni dentro i giorni in cui volevano portarti via pezzi, di te e lui.

Rimani in silenzio, quello che cura le attese, di giorni ormai avuti.

Ti leggono dichiarazioni in cui rabbrividisci, in cui la dignità di una donna può solo toccare terra, nel peggiore dei casi, senza rendersene conto.

E tu sorridi.

Sorrido al tempo che torna, a noi che restiamo, a tutto che ciò che è, perché era come pensavamo e non mollo.

Tra le righe lascio correre l’odio che non mi arriva ma che la consuma, in quel suo voler ferire chi alla fine, non ne sente l’esistenza e nella sua mente povera, nel suo ricordo o vendetta, può soltanto far male a se stessa.

(Paragrafi)