Libro Edito di poesia al premio Franco Loi [Pelasgo 968]

Pierluigi Cappello diceva:
“Scrivere versi è preparare con ostinazione e con cura il proprio fallimento, portarne tutto il peso, non un milligrammo in meno”.
Ecco, questo avrei voluto dire, sulla scrittura, su questo libretto, insomma, ci sarebbe tanto da argomentare ma, quando sono così emozionata mi trema la voce, le parole si fermano prima.
Ringrazio nuovamente la giuria, l’associazione Pelasgo di Grottammare, il sindaco e tutti quelli che hanno reso questo evento così speciale ❤️
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(e poi, grazie a Arcipelago itaca Edizioni, a Marina, al prof Umberto e la sua SCUOLA di CULTURA e SCRITTURA POETICA che, negli anni, ha segnato il mio cerchio, il mio venti gennaio, l’angolo di incidenza della mia scrittura. 💙

Buone feste ❤️

 

Guardo sempre in alto, a volte metto i piedi storti, inciampo, mi riallineo. L’acqua che ristagna tra le fessure diventa gelo, nelle notti scure, nelle città crudeli, giudicanti su tutto quello che neppure sanno.
Provo ad affacciarmi e mi ritraggo colpita dal sole, è dicembre, il calore è solo apparenza, intermezzo, una pausa dal grigio senza vie di scampo.
Guardo questi rami intrecciati in ogni stagione, le nervature che hanno, non le conto. Non conto mai io, dev’essere stato questo il mio primo problema con la matematica. Non voglio contare. Non mi interessa quanti sono i rami, le foglie, gli anni, i minuti, le delusioni. Non conto niente.
Ho soltanto il numero tre, siamo tre più due e chi c’è, chi vuole esserci.
C’è il ciliegio grande che sta sempre di guardia qui dietro la casa, lui ha l’elenco delle cose confortanti, di quelle scritte o pensate, delle delusioni, delle constatazioni rotolate giù, dietro alla striscia di terra e piante selvatiche.
C’è una tregua che si interrompe sempre durante le festività, come se fossimo obbligati a vederci o parlarci. Allora, ecco che dobbiamo prenderci tutta questa armonia in stato di decomposizione, tenerla tra le mani, ingombrante e pesante.
Ricomincio ogni anno con lo sguardo lucido, ripetendomi che sarà migliore, che sarà diverso. Marzo poi fa sempre gennaio e la neve gela i fiori di pesco quando aprile è un inverno che non passa mai, perché ogni giornata storta e fredda sarà sempre un aprile, maledetto più di vent’anni fa.
Dicembre ha le lucine colorate accese anche di notte, qualche giornata di cielo limpido e quella stupida speranza che scavalcando una mezzanotte, si rompano i giorni brutti, le parole dette e cadute in cucina, sopra il tavolo.
Nessun anno nuovo però si rimangerà niente. Una volta uscite, le parole, il loro peso è una tonnellata, di fango di sassi di acqua, tutta poggiata davanti al vialetto di casa, della casa, su cui si posano sempre le foglie morte anche quando non c’è vento, quelle che se le tiri su con la pala sono come i ricordi e allora le lasci lì per forza. I ricordi si lasciano sempre lì, così come stanno. Alla fine, è lo stesso con le abitudini, non te ne accorgi più mentre il tempo passa, diventando, credi, di qualcun altro.
Ci sarà un babbo natale in piazza che consegnerà i regali e a me non piacerà, sarà magro, quindi non potrà avere trecento anni.
Torno bambina ogni notte, appena fa buio metto trappole di vetro alle finestre e chiudo tutto il mondo fuori dal cancello.
Serve una tregua nelle caselle segnate in rosso, recuperare qualche ritardo, servono i libri, i sorrisi e il camino acceso. Serve crederci che ci sia del buono anche dove lo sai che non ce n’è. Serve esercitarsi, a prendere una palla, a tirarla, a restare in equilibrio, a restare indifferente e soprattutto zitti.
Servirebbero bei giorni e inverni giusti, una misura esatta e
un augurio
sincero
di bene.
Auguri.

Mistero aperto

Grazie a Marco Di Pasquale per la bellissima serata, a Dorinda Dora Di Prossimo (finalmente ci sismo abbracciate), al comune di Montecosaro e a tutti voi che siete stati con noi❤️
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[il mio grazie anche a Marina e Ombretta, per le foto e per tutto, sempre, a Norma Stramucci perché nella poesia, lei, per me, la rappresenta, a Roberto e Cinzia, ché sono angeli con le ali robuste💙
e poi un grazie alla scuola del professor Umberto Piersanti perché altrimenti, con molta probabilità, non sarei arrivata qui]

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Dissociazione Elementare

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(In allegato le foto della serata)

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La poesia delle cose

 

Abbiamo scelto questo luogo perché oltre alla bellezza, ciò che ci accomuna è la cura nella scelta dei particolari, come in questo libro, la scelta delle parole.

 

Qui, ci sono anche le cose disfatte, rotte, rovinate, che vengono prese e rimesse a nuovo. In questo libro, ci si sente rotti, spezzati, però c’è questo volersi vivi – sopra tutto – nonostante.

 

Ci sono molti riferimenti all’interno del libro che riprendono alcuni oggetti, ad esempio il sale, che nella nostra tradizione marchigiana è un po’ quello che crediamo ci salvi dall’invidia e dalla cattiveria. Si mette anche dentro l’acqua per vedere se scende o si solidifica. Tradizioni popolari.

 

Poi ci sono i riferimenti alla natura, qui ci sono fiori dentro a ciondoli o anelli, incastonati e fermi nella loro bellezza che dovrebbe rimanere eterna.

Questo è il lavoro che fa la resina, no? Lasciare la trasparenza su qualcosa che di fatto, rimane se stesso. La poesia è una possibilità di rimanere se stessi in fondo, o comunque, di riappropriarsi dell’io non più autentico perché messo in discussione. Tornare a ricongiungersi, a vedersi, a splendere.

Piccoli pezzi che si ricompongono come con la poesia.

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Qui trovate alcuni testi di quest’ultima raccolta intitolata Dissociazione Elementare. Sono stati messi accanto alle cose che più somigliano al contenuto dei componimenti.

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Per tutti i riferimenti c’è questo sito, dove c’è molto anche da leggere, dalle poesie, ai racconti brevi, ai frammenti di pensieri, riflessioni su diari.

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Buona lettura.

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