L’ottobre di adesso

 

Anche qui, l’altra voce.
Ed è il periodo peggiore perché tutto fa silenzio, poi, sì il rosso, l’autunno caldo e ottobre, come sempre, all’interno di una strada lunga, troppo distante dall’acqua.
In sospensione  – ed un gancio al centro del petto  – per restare, senza scomparire del tutto.
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[appunti del non viaggio]
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Tempo

Mi accorgo di sbagliarlo, il tempo. Ne sento la mancanza, a volte, è un filo giallo legato male che al primo vento si scioglie e va dove vorrei io, quell’io che non sono più io e quindi per riprenderlo addio, ci metto un sacco ed ecco perché non ho mai tempo per via del tempo che perdo a raccogliere i pezzi dell’io ingrato, strappato, ricostruito là dove non è più casa non è più cosa non è più quello che pensavo sarebbe diventato.
Allora mentre mi guardo intorno quasi quasi mi viene voglia di ricominciare, di ricominciare a crederci.
Poi passa e continuo a cucinare.
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[appunti del non viaggio]
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©LaScrittoressa

Fatamorgana

 

 

 

 

 

 

https://music.youtube.com/watch?v=J1JgxzX7irQ&feature=share

 

Te lo dice lui.
È stato un solo aprile ti dico io –
Tu la torre d’acqua da cui naufraghiamo, io e chi non so.
L’acqua era la stessa degli anni scorsi.
Tu dici di no e non perché sai.
Io ti dico che te ne sei andato troppo presto, ti dico che mi hai lasciato senza sponda, senza vestiti e con le mani piene di sabbia.
Non tornerai mi dico, hai tolto un sasso, hai ripulito mezza coscienza e credi che basti.
No, non basterà per assolverti. Non riuscirà a farti credere che non ne sarebbe valsa la pena.
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[Paragrafi]
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©LaScrittoressa
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[Testo in allegato della canzone Fata Morgana di Piero Pelù ]
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Oh, vedo tutto attraverso
Sabbia rossa e deserto
Ho sete
Ho sete di te che non sei qui
Stella caduta dagli occhi
Che voli sul mio deserto
Ho sete
Le nuvole mi cadono dentro

Cerchio che ha perso il suo centro
Perché ha smarrito ogni senso
Oh, sabbia rossa e deserto
Ah ah ah ieh ieh ah ah ah ieh ieh
Lunga scala d’aria che sale dal deserto
Non c’è confine
Con l’occhio dentro e l’occhio fuori
Morgana
Lenta processione all’alba nel deserto
Fata Morgana
Ha già cambiato ogni profilo

Aspetto a parlare prima che l’illusione si sia mossa
Poi scopro il confine che dall’infinito vola dentro di me
Morgana
Ho sete
Significa che sono vivo
Che importa se l’ultimo o il primo
Il cuore vuol battere ancora
Ancora
Oh, sabbia rossa e deserto
La sento negli occhi
In fondo ai miei occhi
Salire dal mare passando dal cuore.

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https://music.youtube.com/watch?v=J1JgxzX7irQ&feature=share

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Fa notizia solo il fatto personale
l’omicidio preterintenzionale
i fatti propri raccontati al mondo
quel disagio che ognuno sa come curarti.
Non c’è spazio per la disgrazia della terra
ciò che scàrdina la vita, la crepa che ti apre.
un mucchio di pietre rotte, la calce i muri
i resti di chi del reinventarsi ormai,
ha preso con le mani, il coraggio della luce.
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©LaScrittoressa
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24 agosto 2016 / 2019
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Non è cambiato niente
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[Photo by Dario Matteucci]

Quel luogo, sono io.

 

La strada, quella che esce dal paese, il paese quello mio, dove torno ogni volta per sanare illusioni, è aperta, esposta, anche lei. Mi somiglia.
C’è questa strada tra le vigne che ad un certo punto si stringe, curva e sullo sfondo si apre, dalla parte ad est del mondo. Da noi a est vedi il mare, uno spazio azzurro spaccato sul confine. Mentre cammini ti arriva l’odore di terra e salsedine, incenso di pino, mosto scaldato dai quaranta gradi d’agosto.
Ci andavamo con i motorini, lì, noi, erano gli anni novanta. Quegli anni in cui ancora non c’erano le mini targhe, era obbligatorio il casco e non si andava in due. Si modificavano i carburatori, dal diciannove al ventidue, le marmitte Giannelli e l’odore dell’olio bruciato ti rimaneva tra i capelli. S’intrecciavano le stradine laterali, semi chiuse, attorno le querce, dove ci si fermava, ci si baciava, ci si promettevano cose, gesti, piccoli futuri. Poco forse rimane di quelle promesse.
In molti siamo rimasti con un quarto di quel tempo, pezzi di motore dentro ai garage, qualche storia non detta. C’è ancora l’erba alta giù per i campi, gli alberi hanno la stessa voce, la villa stregata dal cancello chiuso è rimasta senza finestre.
Torno. Riparto.
Ho continuato a scrivere nonostante tutto.
Ho buttato quei vestiti, ho cambiato i capelli, ho conosciuto gente e capito la diversità.
Ho camminato di fianco all’ombra silenziosa che ero in quegli anni, ho parlato sopra la mia stessa voce mentre ogni cosa decideva di cambiarmi.
Ho cambiato le scarpe, la velocità è la stessa adesso senza tacchi, ho invertito una decina d’anni.
M. mi chiama e torno indietro, sulle frasi, sulle parole tenute chiuse bene, aspetto.
Passano svelte le stagioni qui, tra un borgo e l’altro, sono pochi i chilometri a dividersi agglomerati di mura, ogni tanto un’impalcatura.
Allora ripenso che io sono quel luogo, una manciata di mattoni tenuti in piedi da un’armatura, puntellata dal ferro sbiadito negli anni, immobile sulla collina che, in fondo, s’illumina soltanto quando vede il mare.
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[appunti del non viaggio]
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[Paragrafi]
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©LaScrittoressa
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