stagioni
con viste
alternative
affacciate
su spazi
che ti cambiano –
non solo in stagioni –
Eppure
Passare
come lo scorrere
lento
intorno
senza fare
troppo rumore
(restare a mezz’aria, con poco fiato e le braccia ferme)
(Parentesi)
stagioni
con viste
alternative
affacciate
su spazi
che ti cambiano –
non solo in stagioni –
Eppure
Passare
come lo scorrere
lento
intorno
senza fare
troppo rumore
(restare a mezz’aria, con poco fiato e le braccia ferme)
(Parentesi)
Le parole sono state usate tutte.
Come lo chiami il cielo prima di saperlo?
Non sorprende oggi un discorso
rende solo consapevole un’evidenza;
tutti sanno una ragione
oltre la scienza forse, una cultura.
Non c’è più neanche l’eleganza di tacere
quel silenzio in cui si ascolta e si sta –
si sta oggi davanti a chi ti dice –
tutto ciò che non è importante
tu debba sapere.
(Poesie su poesie, di parole che ti lasciano e altre che rimangono)
(Il tempo che le lascia mentre l’uomo le distrugge)
(Il giudizio di chi non le tiene mentre il sangue le disperde)
Questo lento proseguire dell’estate,
in mezzo a strade nude rimaste dietro ai vetri –
c’è silenzio attorno
c’è un tempo nel mezzo –
non si scostano dal vero le immagini scure –
rimangono i resti
e un rovistare incerto di occhi stanchi.
(Agosto 2017, ad un anno dal sisma)
Dentro le notti
ad occhi sbarrati
trattieni – la mappa
dei luoghi dei pianti
i gesti,
il ritardo del tempo
e la terra
che trema indifesa
ti ascolta tra i rami
e tu parli, parli
della luce tra i fossi.
Poi la strada, la tua
alla fine –
sta sempre sull’orlo –
vicino agli scogli.
(Tra la terra ed il mare – fotografie del non viaggio)
Due più tre che fanno quaranta.
Sto –
come la metà che si ritrova, come il tempo che spinge ma non trattiene,
come le cose che ti insegnano, i bambini e la luce poi,
il silenzio che ti scrive.