La sera
e quel contar le ombre –
rimaste luogo
di sassi
di sale –
senza voce.
La sera
e quel contar le ombre –
rimaste luogo
di sassi
di sale –
senza voce.
Il silenzio delle notti di maggio
dopo la pioggia –
si schiarisce il cielo
si allarga il buio –
uno spazio coperto
il confine e poi
i luoghi strappati
che sembrano ricucirsi.
Un cielo che tocca terra –
nello spazio creduto
fermo, al sicuro –
ad occupare i tetti.
Poi maggio
rimasto in bianco e nero
mentre fuori piove.
Appesi ad un’ora che allunga la luce
in quella che noi chiamiamo estate –
la sera e gli odori, l’eco
lo specchio di agosto –
il buio più chiaro e
un vuoto sotto rimasto
a cielo aperto.
Ci sono quelle sere
di un ultimo aprile
che ti vengono incontro –
un sole sbiadito, l’aria più corta
e tu rimani centro
quasi invisibile, un sembrare
l’estate, un profilo e poi
sparisci con lui.