A volte mi chiedo se merito questa sacralità questa osservazione
sulla direzione giusta di un cammino vergine.
La desinenza è fatta di fatica, sono austerità illogica e pentita io,
non basta più il dare in un posto che mi toglie.
La mia restituzione potrà essere poca cosa, qui era casa d’altri,
io non avevo e forse non avrei dovuto, se avessi saputo
quanto grande avrebbe potuto essere lo strappo.
Eppure, in questa sintesi perfetta sono sempre io lo sbaglio
l’effetto interdetto di una ragione abortita, la consegna ingenua
la parola muta. Allora l’altro è più di uno
sono loro, è lei che non se ne andrà mai, è il segno nero
sul fronte della porta, la sbavatura che ha macchiato il vestito bianco.
Ma ogni notte lavo via un pezzo, ripulisco la memoria
imparo a respirare e nello scritto lascio tutto il peso
che ha sempre avuto la strozzatura di queste mie parole
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[sul peccato originale – lettere]
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#alfabetoebraico