Sono silenziosi, certi posti. Al mattino presto l’aria sa di pioggia, sa di mare, di buio che non s’asciuga e vecchie ore sul ciglio del davanzale.
Contorni scuri d’ombra, luce che non scalda, mattino senza più dicembre.
Sa di nuovo, questo nuovo anno. Niente promesse, niente tempi al futuro, ogni giorno un presente, fatto di istanti che rimangono, parole trovate che tengo tra le dita.
Il silenzio degli anni invece, diventa peso, un fardello che pur spostandolo da una spalla all’altra, ti rallenta, ti impedisce di correre, verso la voce, verso chi grida il tuo nome. Così, c’è chi cammina e neanche osserva più, sordo ai suoni, ne percepisce soltanto rumori e infastidito, dalla vita, getta fango sporcando se stesso e chi passa vicino a lui.
Questo mancare di voce cicatrizzato dal tempo diventa menzogna, diventa rabbia e ricerca di un altrove dove fuggire, senza mai davvero cercarsi, senza mai davvero trovarsi.
Batte, il tempo, in un orologio al muro, conta una successione di numeri che inventano gli anni e se non trovi il tuo, sarà sempre un passato che non rimargina.
Sono le sette, un domani che precede la mia sveglia delle cinque, in quel preciso istante tra buio e chiarore, parole e tasti e silenzio, il mio, nuovo, sottile, pieno e che sappia di storie. Come queste, come una foto di noi, senza filtri.