Dicevo a lui:
“Quando si scrive su carta, non è soltanto libertà, è fermare un momento, è cercare un’immagine e fotografarla, incidendola su di un foglio bianco. La carta ha l’odore del vento quando soffia da Ovest e si porta dietro questa neve, ferma da un po’, lì, sopra l’inverno.
Quando si scrive a mano, non è tanto la calligrafia, è l’essere, in quel momento tu sei ogni lettera, ogni goccia d’inchiostro che sporca, che genera un’idea e tutto diventa carne, sangue. E si scrive, un po’ davvero, anche per <non morire>”.
Poi in verità, ogni volta che scrivi, liberi tossine, sanguini, ridi, senti che tutto diventa più facile, più vero o semplicemente più leggero. Battere i tasti non è la stessa cosa, è un’alternativa, un poggiare idee in un magazzino, nell’attesa di toccarle, con le mani, e sentirne l’odore.
Così scrivo due volte.
Così dopo la penna lascio righe, stampe qua e là nei giorni che le stagioni ridisegnano, nel frattempo che il mondo mi cambia, aggiungendo fotografie.
(Paragrafi)