Un silenzio fatto di ombre, quasi come la pausa di una fine mancata, e neanche una macchia di sole oggi sulla quale sedersi per chiudere gli occhi.
L’amore questo qui
È quasi l’alba.
Il mio sonno è sempre tanto breve e l’ascolto, verso l’interpretazione di ogni rumore, si fa preghiera, e penso alle scarpine, una tutina azzurra, il musetto nostro, non mi contengo dentro una vita così piccola mi dico.
Sono una che si commuove troppo, dentro mi ricopre una velina stropicciata sul filo della rottura. Già immagino la luce, ogni passo liscio senza sbavature, perché l’amore vostro è questo, un viaggio lungomare senza peso, quello del bagaglio troppo pieno.
E io che piangerò ogni volta, più di adesso, fino al giorno del suo primo passo o la parola, ché sono scema a dire Ma lo hai già visto per tre volte, invece non avevo capito niente guarda, non vedo ancora bene dagli occhi bruciati, i ricordi alle pareti interne stanno su di una scommessa; quindi capisco solo adesso che tu sei specchio, l’immagine riflessa di un ideale che ce l’ha fatta, di tutti gli anni miei schiacciati addosso mentre già vedo oltre nei giorni nostri, quei piccoli guerrieri uscire allo scoperto senza protezione e noi a mani nude per difenderne la vita fino in fondo.
Resteranno fotografie ti dico, mi credi? Miniature di parole dettate piano attorno un cerchio grande che non si sbecca.
Ed io, magari, cercherò di aggiustare ogni volta il mio, la strada rotta, l’errore, senza lo storno del recupero, per cercare di essere anche solo un po’ di più, di questa ingombrante trasparenza.
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Un compleanno speciale questo.
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Auguri sorellina ♥️
Come mia nonna
Non mi sto accorgendo del tempo grande io.
Qui fuori ci sono due stagioni, una addosso l’altra, la neve sopra i fiori di pesco e le foglie piccole e verdi screpolate dal freddo.
Da bambina guardavo mia nonna non uscire mai, scendeva soltanto nell’orto, due rampe di scale. Non capivo come facesse. Guardava il mondo passare dalla finestra, a quel tempo un quarto del nostro mondo passava di lì. Abitavamo nella via che porta al cimitero, ad una delle quattordici chiese del paese e ad una fabbrica chiusa da più di trent’anni.
Mia nonna stava bene nel suo retrocucina a preparare con minuziosità gli stessi piatti, era il suo posto.
Penso alle preghiere che mi insegnava tra una foglia di insalata e l’altra da guardare con cura per togliere ogni sporco e metterla ammollo che non si spreca l’acqua e poi ancora una preghiera per chi era fuori casa perché tornasse sempre. Ché dopo le attese della guerra, la paura del non ritorno ti rimane un segno sulle mani, un segno che guardi ogni minuto.
Accade però anche adesso, mi accorgo di fare la stessa cosa, in cucina, guardo fuori ma qui non passa nessuno, prego per questa guerra dove almeno abbiamo un posto dove restare, piango morti che non sempre conosco, mi rigiro parole nel silenzio della notte aspettando di uscire per il mare.
La casa è grande mi dico, eppure si sta stretti tra le cose quando conti gli stessi passi troppo a lungo. Fuori fa freddo e il ciliegio stende i rami sopra il confine, abbiamo legato il rosmarino per il vento, se attraverso la strada è per la salvia che resiste.
Avremmo bisogno di toccare la terra, la sabbia, loro ci riportano sempre a posto.
“Ci serve il bene adesso, ci serve il bene.”
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[appunti del non viaggio]
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[Marzo/aprile 2020]
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È soltanto un giro di tempo
E poi, le sere. In questo giro di tempo che torna, tutto insieme, tutto d’un tratto più grande dicono.
Il mio no, è sempre uguale, più corto forse, più colmo, più calmo.
Le luci si accendono più tardi adesso, la sera si riversa sul ciliegio selvatico e sul pino grande di là mentre mi chiudo più dentro mentre mi chiedo chissà che non vada bene così, in fondo.
Sta diventando caldo ormai, giù nel fosso le rane gracchiano nel buio delle nove e l’odore di terra arriva, umido dai pantani dei campi incolti.
Pochi i rumori qui dove la via finisce nel capanno, niente arrivi d’auto dei condomini ancora a casa ed il confine non è poi così male in estate penso e allora devo solo aspettare, aspettare la riga che richiude tutto questo luogo rimasto aperto. Tutta questa verità poggiata sulle mani stanche che lascerò rotolare giù nella discesa folle, sempre verso est, lì dove nascono le cose.
E non sarà più leggero il peso, le delusioni sono anelli di ferro attorno al collo, sarà forse un riconoscersi davvero dopo tutti questi giorni che non mi hanno vista mai quella giusta, sarà la spiegazione di ogni silenzio scelto che nessuno fino ad oggi aveva tradotto mai.
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[appunti del non viaggio]
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©LaScrittoressa
Guarda come se ne fregano
Impara ragazzina, impara dalla natura come te ne devi fregare e splendere lo stesso.
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[I colori della primavera che si fanno spazio tra tutto quello che non va come dovrebbe]
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