PE (diciassettesima lettera)
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Costruisco cumuli di parole entrate male, assorbite
dalla pelle, come un veleno per topi ingoiato lentamente
dentro bicchieri di latte caldo mentre penso, guarda
come crollano adesso tutte quelle spiegazioni,
non c’è nessuno, non c’è più voce. Continuo a trattenere
ancora il fiato, la tasca dell’errore, lo sbaglio che ogni volta
non chiude questa bocca, la pancia. L’uccisione
è la parola a forma di coltello, quello da cucina,
il taglio netto, una vena dopo l’altra, giorno dopo giorno –
non c’è più sangue – contengo fiato sprecato adesso. Una iperlessia
mi sta tutta intorno, la trasmissione sbagliata forse
disconosce ancora il vero. Allora, non mi racconto più.
Mi scanso.
Divergo
Allontano.
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#alfabetoebraico
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