” [Chissà se anche nel tuo silenzio c’è questo suono che stride e cerca parole]
Giorni in cui la sintesi ti lega le mani, vorresti spiegare tutte le tue domande, i perché, le circostanze che non combaciano quasi mai, i piccoli gesti, le piccole cose – ritrovandoti invece a lasciare sotto una foto soltanto due righe.
In quelle righe ci sono più di diecimila caratteri omessi, taciuti perché non sempre è opportuno dire ciò che si pensa. Dei vent’anni ricordo questa spontaneità che in fondo, non mi lascia ancora eppure le “mazzate” ti indirizzano verso un silenzio fatto di gesti lasciati cadere, lasciati nelle cose, nei vuoti appoggiati in quegli angoli restati in attesa.
Lo impari, il silenzio.
Alcuni lo usano per ascoltare, ma ascoltarti davvero, senza le domande che utilizzerebbero solo per le loro definizioni catalogando cose e idee. C’è invece chi lo utilizza perché indifferente, nonostante dovrebbe essere la persona che più di tutti vorrebbe ascoltarti, parlarti, capirti, invece, no.
Poi c’è chi usa il silenzio perché il troppo rancore che ha dentro gli impedisce di dire ancora e ancora offese, individui a cui non è rimasto altro che compiere gesti denigratori perché non accettano, evidentemente, che tutto ciò a cui hanno lavorato nella vita, l’egoismo, l’avidità e la loro prepotenza nei confronti degli altri li sta schiacciando sotto le macerie di una legge naturale.
Tolte le categorie, ci sono i silenzi dello spazio di cui ti prendi cura, che a sua volta ti cura, quando vanno via i mostri e di notte ascolti ciò che passa.
Il silenzio dei figli che dormono vicini per non aver paura del buio, il silenzio dei calci nella pancia del figlio che deve ancora nascere, quando i battiti si confondono e non sai più quale sia il tuo.
A volte, non si devono riempire i silenzi, basta condividerli.
A volte, è proprio in quella lastra di vetro sottile che riesci a vedere la trasparenza delle cose e a capirne la fragilità. Ti lascia comunque vedere attraverso, anche quando piove, ci appoggi la fronte e ti lasci assorbire.
C’è ancora tempo, è ancora sereno, c’è ancora il rosso di un ottobre caldo e tutto intorno l’odore della terra che non tace, un appoggio malfermo, uno spazio stretto, un varco aperto in cui, senza lasciare, aggiungo. Perché io, sono quella che dalle cadute si rialza, zoppica ma non molla e non s’arrende – mai.”
(Paragrafi)
(Photo by Nicoletta Foto F Osimo AN)