[i contenitori che avevo sono rimasti pieni di niente, cianfrusaglie impolverate dagli anni nelle fessure scurite.
C’era una magia lì fuori invece, o sembrava ci fosse mentre caricavo borse sul passeggino e camminavo a piedi e mi sorprendevo di quell’albero lì ma guarda le prime viole, i fiori, la montagna rigata dall’ultima neve. I muri, i ciottoli, gli odori dei vicoli, del forno, della strada, delle auto, di tutto un tempo sospeso sembrato di qualcun altro.
Oggi piove e sono due secoli. Il passeggino è in soffitta nello scatolone e per uscire prendo un’altra strada. Non è più lo stesso luogo, non sono più quella che credeva all’errore. C’è una sospensione di maldicenza, un’indifferenza stratificata che mi ha insegnato come chiudere la porta e la bocca.
Guardo spesso dalla parte opposta adesso, il ciliegio nudo ancora, senza l’innesto buono è lì anche lui in bilico sul ciglio della terra piena di sassi, devo imparare la direzione giusta, la luce vera. Mi dico comincia a respirare e smetti di contare.]
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Grazie a Sergio Daniele Donati che con le sue riflessioni ha ispirato le mie.
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