Le notti, quelle in cui tira vento come adesso, quelle in cui scricchiola tutto e non dormi perché i pensieri si arrotolano l’uno sull’altro e sei costretta ad aprire gli occhi ogni volta, ogni volta che s’incanala tra i viottoli e fa sbattere le catene dei canali di scolo dei balconi, mi torno in mente. Mi torna in mente com’è che ero, senza filtri, senza fili, senza niente che potesse tenermi, solo gli ideali e qualche punto malfermo.
Non lo sapevo che cosa avrei fatto da grande, non lo so neanche adesso, di sicuro volevo andarmene. Poi la vita accade il più delle volte mentre le cose ti portano via, ti allontani troppo come chi non teme la distanza, invece.
Allora ti racconto degli anni scorsi, del tempo svergognato che ha spogliato ogni mio giorno per non morire senza un rimpianto e mi rendo conto che è una fratellanza lo sguardo sulle cose, tutto quello che ci accomuna alla terra nostra. Perché quando ti dico del mare è lo stesso che vedevi tu, quando ti racconto di quella strada, di ogni posto, tu ne conosci il nome e tante cose non te le devo spiegare, tu le sai. Quando provieni dallo stesso luogo sembra quasi un appartenersi, è la voce del gergo, è qualcosa che sta negli occhi, qualcosa che proteggi per non rompere la strada.
Si deve cadere molte volte per capire come camminare tra gli scogli vero? Che vuoi che ti dica ora, qui ce ne sono tanti, non ho mai avuto le scarpe giuste per non inciampare, il vento passa tra la montagna e scopre tutta la collina qui schiaffeggiando ogni parte scura. L’aria è troppo alta.
Non ho più il mare adesso.
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[appunti del non viaggio]